Quando lavori di preferenza?
Una volta lavoravo sempre e in qualsiasi condizione, senza preferenze. Bartoli mi aveva insegnato a fare così ed ero giovane. Negli ultimi tempi, con la mia giornata che è diventata un inferno di telefonate, preferisco lavorare di notte, quando non mi disturba quasi nessuno.
Descrivi il tuo studio...
E' complicato. Perché, grossomodo, tutta casa mia è il mio studio visto che quasi ogni passione che ho si interfaccia poi con il mio lavoro. Comunque è ci sono troppi libri, davvero troppi fumetti, qualche statuetta di supereroi di quelle scolpite a modino, qualche pupazzo, un grosso televisore che uso solo per i bluray e tenerci attaccate tutte le console sulla piazza, un puff, per stare davanti al televisore a una distanza che nessun ottico consiglierebbe, due tavoli da lavoro (uno per la scrittura e uno per il disegno), un cane di taglia media, un gatto di diciannove anni che sembra uscito dal Pet Semetary di King.
... E il tavolo su cui lavori. In base a che cosa l'hai scelto?
Quello da disegno doveva essere non troppo grande inclinato il giusto. Quello per la scrittura mi doveva piacere (è un vecchio tavolo di antiquariato, in legno). La cosa divertente è che, nonostante queste due posizioni di lavoro, poi finisce che disegno sul tavolo della cucina e scrivo sul portatile, in giro per casa. Quando si tratta di lavorare mi scotta la sedia e se mi metto alla posizione preposta faccio ancora più fatica.
Quando hai iniziato a fare questo lavoro usavi la macchina da scrivere? E se sì, com'è stato il passaggio al computer?
Sì, ma solo per la mia primissima sceneggiatura. Poi sono passato a un 286 "portatile" (era enorme e pesantissimo), poi a un Pentium fisso, poi di nuovo a portatile sempre Windows e adesso sono 6-7 anni che lavoro su Mac, un Mini e un Mac Book. Il passaggio al computer è stato "Hey, finalmente posso permettermene uno!"
Mentre scrivi fai delle pause?
Yep. Fumo. Passeggio. Giocherello con tutto quello che mi capita sotto mano. Poi mi risiedo e sparo a raffica un'altra serie di vignette, se va bene, di tavole. Poi mi rialzo di nuovo.
Ascolti musica o tieni la TV accesa?
Una volta sì, adesso ho scoperto il valore del silenzio e della quiete.
Che cosa tieni sempre a portata di mano sulla scrivania?
Sigarette.
Hai un'abbigliamento particolare per scrivere?
No.
Usi carta per prendere appunti?
No.
Che tipo di penne usi?
Non so più scrivere in corsivo, quindi ho praticamente smesso di usare la penna, a meno che non mi serva per qualcosa che devo disegnare.
Hai degli sfizi particolari collegati alla scrittura?
No.
Disciplina o ispirazione?
Rigida mancanza di disciplina. E poi, quando le scadenze mi sono sul collo e sono messo con le spalle al muro, vado in crunch time e non alzo la testa dal computer fino a quando non ho finito.
Si può scrivere usando solo la tecnica?
Sì. Ma non bene.
Da dove nascono le idee migliori?
A saperlo, andrei a cercarle. Penso che ci siano sempre degli operai che lavorano, nelle nostre teste. Smontano, rimontano, studiano, tutto quello che ci sta intorno, la realtà come le storie degli altri. E poi lavorano. Certe volte li devi spronare a fare i doppi turni per tirare fuori una storia piccola piccola, altre volte, capita che si presentino da soli con una storia perfetta, tutta costruita nei minimi dettagli. Per me, quella è quello che tutti chiamano ispirazione: tanto lavoro invisibile che avviene a nostra insaputa.
Sei mai stato "bloccato" dalla pagina bianca?
Ultimamente. Bloccato no. Ma ho fatto fatica a scrivere al mio solito ritmo.
Libri o film per ispirarti?
Tutti e due. E i videogiochi. E la musica. E, più volte di quanto mi piaccia ammettere, anche la semplice vita.
Descrivi il tuo metodo di sceneggiatura.
Parto dai dialoghi. Sono la prima cosa che scrivo. Li scrivo di getto e poi li limo, controllando che tutte le informazioni necessarie passino nella giusta maniera. Cerco di farli il più freschi e naturali possibili. Ogni tanto me li recito da solo. Poi divido i dialoghi in tavole, per stabilire il ritmo delle sequenze e lo spazio che avranno. A quel punto, divido le tavole in vignette, per dare il ritmo alla singola tavola. E allora, solo allora, scrivo le indicazioni di regia.
Quante pagine di sceneggiatura scrivi in un giorno?
Dipende. Da cosa scrivo e come sto. Per Dylan Dog, per esempio, più di 10 pagine al giorno non riesco a scrivere. Per John Doe o per cose mie che conosco bene, non ne scrivo meno di 20. Direi che se sono rilassato e in forma, la media è intorno alle 15. Se sono sotto consegne, 30 o più. Se ho impicci miei, 5 al massimo. Se è uscito un nuovo Halo, niente fino a quando non l'ho finito. Ma chiariamo: non sono uno che riesce a lavorare tutti i giorni. Certi giorni ho delle esplosioni di produttività e scrivo 30 pagine, il giorno dopo sono spompato e me ne vado in giro.
Le tue pagine sono molto dettagliate o tendi a lasciare libertà al disegnatore?
Abbastanza dettagliate ma non troppo. Sono molto attaccato alla scansione delle vignette e alla struttura della tavola. Molto meno alle inquadratura. Descrivo con minuzia gli elementi che devono essere in scena e gli ambienti (di solito fornisco una massiccia dose di riferimenti fotografici) ma sono molto stringato nelle descrizioni delle inquadrature che, nel caso mi fidi, preferisco lasciare al disegnatore che conosce questo aspetto del mestiere meglio di me.
Ti va di inviarmi una foto del tuo studio - fatta rigorosamente con il cellulare - da mettere in apertura di questa intervista?
Eccola. E sì, il 4g fa foto grandi.
1 commento:
bell'intervista complimenti
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