lunedì 31 gennaio 2011

Tu vuo' fa' l'americano



















In un paio di occasioni, e da editor diversi, mi è stato detto che le sceneggiature che avevo scritto erano troppo "americane".
Per loro e per il nostro sistema televisivo questo era un difetto.
Visto che, comunque la pensassi, erano loro i committenti, ho cercato di capire che cosa volessero dire e ho sistemato le sceneggiature di conseguenza: rallentandone il ritmo e inserendo qualche momento più "familiare". Ma non nascondo che entrambe le volte in cui ho sentito questa "critica", ho provato un brivido di orgoglio.

domenica 30 gennaio 2011

Show











Prima di ritornare ai miei soliti temi, volevo chiudere la serie di post "politici" - ben tre su quattro nell'ultima settimana - con una bellissima e disperata poesia scritta nel 1983 da quello che io considero il più grande poeta Italiano del secondo novecento: Giorgio Caproni.
Mi scuso se gli spazi degli a capo non corrispondono esattamente a quelli voluti dall'autore, ma il sistema di scrittura di Blogger questo permette.
La poesia è tratta dalla raccolta Res Amissa e si intitola Show.

Guardateli bene in faccia.

Guardateli.

Alla televisione
magari, in luogo
di guardar la partita.

Sono loro, i "governanti".

Le nostre "guide".

I "tutori"
- eletti - della nostra vita.

Guardateli.

Ripugnanti.

Sordidi fautori
dell'"Ordine", il limo
del loro animo tinge
di pus la sicumera
dei lineamenti.

Sono
(bel pasciuti) i nostri
illibati Ministri

Sono i Senatori,

I sinistri
- i provvidi! - Sindacalisti.

"Lottano" per il bene
del Paese.

Contro i Terroristi
e la Camorra.

Loro,
che dentro sono più tristi
dei più tristi eversori.

Arrampichini.

Arrivisti.

In nome del Popolo
arraffano (Avanti!
Sempre Avanti!)
capitali - si fabbricano
ville.

Investono
all'estero, mentre "auspicano"
(Dio, quanto auspicano!)
pace e giustizia.

Loro,
i veri seviziatori
della Giustizia in nome
(sempre, sempre in nome!)
del Dollaro e dell'Oro.

Guardateli i grandi attori:
i guitti.

Degni
- tutti - dei loro elettori.

Proteggono i Valori
(in borsa) e le Istituzioni...

Ma cosa si nasconde
dietro le invereconde
Maschere?

Il Male
che dicono di combattere?...

Toglietemeli davanti.

Per sempre.

Tutti quanti.

Le ultime settimane



















La mattina inizia regolarmente con la lettura dei giornali. Sei. Nell'ordine: La Repubblica, Il Fatto quotidiano, La Stampa, L'Unità, Il Manifesto, il Corriere della sera. Li leggo in cerca di indizi, tracce, anticipazioni...

Poi dò un'occhiata online alla rassegna stampa sul sito della Camera dei Deputati dove si sono anche le prime pagine e gli articoli più interessanti (?) de Il Giornale e Libero. Per farmi un'idea di che cosa pensi il "nemico": l'informazione decisiva potrebbe arrivare anche da lì.

A questo punto inizio a lavorare: televisione accesa su Sky Tg24 - quando scrivo sono così concentrato che la TV nemmeno la sento, ma se la notizia dovesse arrivare... - e browser aperto a monitorare i siti di La Repubblica e di Dagospia.

La sera, in ordine di apparizione: TG3 alle 19 (no, Studio aperto alle 18,30 proprio non ce la farei a vederlo), il telegiornale di SkyTg24 alle 19,30, il Tg7 alle 20, 8 1/2 alle 20,30 e poi: L'infedele il lunedì, Ballarò il martedì... e il mercoledì? Dov'è finito Exit? Perchè non riprende? Comunque, per fortuna, il giovedì c'è Anno zero e il venerdì? Bah c'è sempre Sky Tg24 o le Invasioni barbariche, anche se lì non è che poi si parli tanto di politica.

Il tutto in attesa della pistola fumante, della prova o della testimonianza che inchioderà Berlusconi, costringendolo a dimettersi. Sì perché quando la NOTIZIA arriverà - e arriverà - sarà stata una soddisfazione averla annusata prima, essersi goduto l'attesa, i minuti che passavano, la tensione che montava ed essere stati presenti nel momento esatto in cui... il presidente...

Ecco a che cosa mi sta riducendo quell'uomo!

sabato 29 gennaio 2011

Moniti












In una delle scena più belle di Io e Annie, Alvy Singer (Woody Allen) e Annie Hall (Diane Keaton) fanno la fila per entrare al cinema. Alvy è particolarmente infastidito dai commenti di un uomo, dietro di lui, che critica dapprima Fellini, definendolo un regista indulgente, e poi Beckett, reo di non colpirlo a livello viscerale. La rabbia di Alvy monta sempre di più, davanti a tutta quella supponenza. E quando l'uomo cita Marshall McLuhan per sostenere una sua tesi, ecco che Alvy sbotta. - Non ti vergogni a pontificare in quel modo? E il buffo è che tu non sai niente di Marshall McLuhan... non conosci le sue opere. L'uomo si indigna: insegna alla Columbia University, dove tiene un corso intitolato: "Mezzo televisivo e cultura", e conosce perfettamente l'opera di McLuhan. - Beh, è buffo, - dice Alvy - Perchè, guarda caso, io McLuhan ce l'ho qui sotto mano. Alvy accompagna l'uomo da Marshall McLuhan, che si trova proprio nella hall del cinema, in fondo alla fila. - Ecco glielo dica lei, - dice Alvin al sociologo canadese. E McLuhan, all'uomo: - Ho sentito quello che diceva. Lei non conosce affatto la mia opera. Come sia riuscito ad ottenere una cattedra è stupefacente. A questo punto, Alvy guarda in macchina e dice, con tono sconsolato: - Ragazzi, se solo fosse così, la vita!
In queste infauste settimane siamo sommersi dai moniti: di Napolitano, di Bagnasco, di Bertone. A noi sprovveduti, il bersaglio sembrerebbe Berlusconi. Senonché, una volta che il monito si è concluso, un esponente del popolo della libertà - di solito Capezzone o Cicchitto - ci spiega, immancabilmente, che:
a) è d'accordo con il monito presidenziale o cardinalizio che sia.
b) contrariamente a quanto pensa la sinistra, il monito non era diretto contro il presidente del consiglio.
Ecco, io darei qualunque cosa perché, a questo punto, i Napolitano, i Bagnasco o i Bertone intervenissero per dire al Capezzone di turno: - Ho sentito quello che diceva. E si sbaglia. Il monito era proprio diretto contro Berlusconi. Come lei sia riuscito ad ottenere un seggio in parlamento è stupefacente.
Ragazzi, se solo fosse così, la vita!

lunedì 24 gennaio 2011

Nicolas












"E che ci facciamo con questo sigaro?", ho chiesto. "Che domande! Ce lo fumiamo!" mi ha risposto Alceste. Io non ero così sicuro che era una buona idea, però Alceste mi ha chiesto se mamma e papà mi avevano mai proibito di fumare il sigaro. Ci ho pensato: mamma e papà mi hanno proibito di disegnare sul muro, di mangiare dolci prima di cena, di sbattere le porte, di mettermi le dita nel naso, di dire parolacce. Però fumare il sigaro no: mamma e papà non me l'hanno mai proibito.
Queste parole - tratte dalla quarta di copertina del volume Il piccolo Nicolas che Donzelli Editore mandava, meritoriamente, in libreria due anni fa - descrivono perfettamente il protagonista dei racconti scritti a partire dal 1959 da René Goscinny e illustrati da Sempé.
Nicolas è una sorte di Gianburrasca d'oltralpe che vive a modo suo, nelle oltre 1000 pagine scritte e disegnate dai due autori francesi, tutte le possibili varianti - ma proprio tutte - dell'essere bambino.
Memorabile, tra i tanti, il racconto intitolato Gli scacchi in cui il papà di Alceste, per impedire a Nicolas e al figlio di mettere in disordine la stanza di quest'ultimo giocando con i trenini, le macchinine, le biglie e il pallone, spiega a loro il gioco degli scacchi. Salvo poi che, nel momento in cui l'uomo se ne va e i due bambini si accorgono che sulla scacchiera c'è poco spazio, trasformano la stanza in un vero e proprio campo di battaglia. "Tu ti metti da una parte della camera e io dall'altra. E poi facciamo che vale nascondere i pezzi dietro alle zampe del letto, della sedie e della scrivania." Da lì a utilizzare i trenini, le macchinine, le biglie e il pallone per rendere più avvincente il loro gioco, il passo è breve. Il risultato finale è che i due bambini distruggono la stanza, facendo cadere a terra anche una boccetta d'inchiostro, perché, come dice Nicolas nelle ultime righe del racconto: "Gli scacchi non sono mica un gioco per giocarci dentro casa, è chiaro".
Ora Donzelli ha pubblicato un secondo volume di racconti: Storie inedite del piccolo Nicolas e io ve li consiglio entrambi.
Perché Goscinny è anche il papà di Asterix, nonché uno dei più grandi scrittori umoristici del XX secolo.
Perché i disegni di Sempé sono fantastici e spalancano alle parole di Goscinny nuovi orizzonti.
Perchè, malgrado si tratti di storie per bambini - frase orribile e razzista - anche gli adulti si divertono un bel po'.
Perché, come ha scritto qualche tempo fa Giovanni Nucci su L'unità: Nicolas è universale (...) e chiunque sia disposto a leggere le sue storie con un briciolo di onestà intellettuale può ritrovarci tutto l’essenziale e l’indispensabile sul mondo e sugli esseri umani.

domenica 23 gennaio 2011

Fiction















Memore della lettura di “La guerra civile fredda” di Daniele Luttazzi, volevo provare a fare il punto sugli scandali di questi giorni.
Nel suo libro, Luttazzi ci fornisce una chiave per capire i motivi per cui, malgrado tutto quello che sta saltando fuori, Silvio Berlusconi non perda nei sondaggi che piccole frazioni di punto.
Luttazzi parte dall’assunto - proprio di alcuni strateghi politici della destra americana - che la gente non voti in modo razionale e che le elezioni si vincano creando con gli elettori un legame emotivo forte. Legame che, una volta instaurato, è in grado di annullare ogni capacità di giudizio.
Alla base di tutto il ragionamento troviamo alcune semplici regole che fanno parte del bagaglio di ogni scrittore di fiction ed è anche per questo che ne parlo qui.
Come si racconta - si chiede Luttazzi - una storia efficace dal punto di vista emotivo?
Cinque gli elementi importanti.
1) UN OBIETTIVO. Un protagonista deve volere a tutti i costi qualcosa: salvare l’italia dai comunisti, creare una grande democrazia liberale, rimodernare lo stato.
2) OSTACOLI DA SUPERARE. Una storia emoziona se, per raggiungere questo obiettivo, il protagonista deve superare degli ostacoli, lottando con le unghie e con i denti. La domanda: - Ruscirà a superarli? – mantiene vivo l’interesse del pubblico. Più grandi sono gli ostacoli, maggiore sarà l’interesse con cui gli spettatori seguiranno la storia.
3) DEBOLEZZE. Un protagonista non viene amato dagli spettatori se non ha un FATAL FLOW o, almeno, qualche debolezza. E Silvio Berlusconi, come ci spiega Luttazzi, di debolezze ne ha molte: è vanesio, guascone (ma in maniera simpatica), ha un debole per le donne ed è bugiardo. In un paese come il nostro – cattolico e non calvinista - tutti peccati decisamente veniali.
4) L’UNICITA’. In una storia ben raccontata un protagonista dev’essere UNICO. Questo, un autore, lo può fare in tanti modi, tra cui quello di dare al suo protagonista un passato favolistico.
Ricordate il libro fotografico: “Berlusconi: una storia italiana” inviato a tutti gli italiani alla vigilia delle elezioni del 2001?
Sì?
Ecco, appunto.
5) IL PROTAGONISTA DEVE PORSI AGLI ANTIPODI DEL SUO ANTAGONISTA. E più quest’ultimo sarà crudele, spietato e forte, più il nostro protagonista. nel momento in cui lo sconfiggerà, ci apparirà eroico.
A detta di molti commentatori quello a cui stiamo assistendo in questi giorni è un vero e proprio SHOWDOWN: la sfida finale. Da una parte c’è lui, Silvio Berlusconi, "l’eroe", e dall’altra, coloro che i suoi autori ci hanno indicato per 15 anni come i cattivi: le toghe rosse, la sinistra, la stampa comunista.
Tutto così semplice e talmente efficace da far meritare agli autori della nostra fiction - perché, purtroppo, di questo si tratta - un oscar per la migliore sceneggiatura (non) originale.

sabato 22 gennaio 2011

Complessi e complessini produttori e protagonisti di «album» e concerti per giovani



















Quando devo decidere che cosa leggere, mi lascio spesso guidare dall'istinto o da una voglia improvvisa. Così può capitare che subito dopo avere finito un libro di Jo Nesbo, io legga i racconti di Cortazar e dopo la terza rilettura di "Viaggio al termine della notte", decida di leggere "Rap" di Alberto Arbasino.
Proprio di Alberto Arbasino, scrittore che amo e di cui ho acquistato da poco il bellissimo doppio meridiano "Romanzi e racconti", mi è passato per le mani, in questi giorni, un elenco veramente divertente che vorrei condividere con voi: contiene i nomi inventati di possibili gruppi rock, anzi, per dirla con lo scrittore, "complessi e complessini produttori e protagonisti di «album» e concerti per giovani".
Gli Adunata
Gli Ah Dimenticavo
Gli Al Congresso
Gli Al Convegno
Gli Alla Conferenza
Gli Alla Festa
Gli Al Meeting
Gli Annamo a Rubbà
Gli Aperto Fascicolo
Gli Aprire Il Fuoco
Gli Aprire Un Tavolo
Gli Ascia Di Guerra
Gli A Sorpresa
Gli A Tavolino
I Bacchetta
I Bagno Di Sangue
I Banda Larga
I Basso Profilo
I Bastona
I Benzina Sul Fuoco
I Bocca Buona
I Braccio Di Ferro
I Bufera Su
I Buon Proseguimento
I Carta Canta
I Cartina Di Tornasole
I Cerini Accesi
I Colpo Sicuro
I Coming Out
I Controcorrente
I Controcultura
I Controversial
I Creativi
I Crescita
I Da Capogiro
I Dal Cilindro
I Degrado
I Denuncia Di Protesta
I Desideranti
I Detrimento
I Devastanti
I Digitali
I Dimenticatoio
I Disagio
I Discarica Abusiva
I Dissenzienti
I Dissidenti
I Dolorosa Dipartita
The Drones
Gli Ecologici
Gli Ed È Subito Polemica
Gli Emblematici
Gli Emergenti
Los Fahionables
I Fili Di Lana
Les Fils Rouges
I Fine A Se Stessi
I Fumata Nera
I Fustiga
Los Gazebos
I Giochi al Massacro
I Goccino Di Latte
I Graffianti
I Guanti di Sfida
Los Imbranatos
Gli Immersi Nel Verde
Gli Impagina
Gli Impapocchia
Gli Impegnati Nella
Sperimentazione
Gli Imperdibili
Gli Imporpora
Gli Inanella
Gli Incalza
Gli Incastona
Gli Incorona
Gli In Crisi
Gli Indelebili
Gli Ineffabili
Gli Ineludibili
Gli In Filigrana
Gli Infradito
Gli Infrazione Contestata
Gli In Presenza di Lattanti
Gli Intellettuali
Gli Intercettati
Gli Intriganti
Gli Ironizza
Gli Irriverenti
I Killeraggio
I La Polemica
I La Protesta
I La Provocazione
I Lectio Magistralis
I Mazara del Vallo
I Mitici
I Moda Giovane
I Mozzafiato
I Nella Misura In Cui
I Nel Mirino
I Nero D´Avola
Gli Omologati
I Patata Bollente
I Patetici
I Pattumiera
I Persona Ingrata
I Piacimento
I Pistola Fumante
I Pizzini
I Pole Position
I Prossimi Eventi
I Punta Dell´Iceberg
I Qualche Manciata
I Qualità Della Vita
The Renegades
I Ricarica
I Riflettori Puntati
I Rinnegati
I Risibili
I Ruolo Di
I Sanzione Raddoppiata
Gli Sbircia
Gli Scappa
I Senza Ma
Gli Sferza
Gli Sfida
Gli Sfigati
I Signora Mia
I Sibila
I Solo Una Battuta
I Sorseggiando
I Sosta Vietata
I Sostenibili
I Sotto Il Colle
Gli Spezzare Una Lancia
Gli Squallidi Ambienti
Gli Staffila-Tutti
Gli Stragi-Massacri-Eccidi
Gli Stroncano
Lo Stuzzica
I Talentuosi
I Terzo Polo
I Torbidi
I Trasgressione
I Tranquilli-Sereni
I Tutti Pazzi Per
Gli Uno Di Noi
I Violazione Commessa
Gli Zombies

PS Alcuni giorni fa ho dovuto inventare in una sceneggiatura il nome di un gruppo rock e, non avendo ancora letto questo elenco, ho fatto una gran fatica...

Rospi...


















Le parole che vi apprestate a leggere, avrebbero potuto essere inserite come commento al mio post dell'8 gennaio in cui criticavo, in maniera abbastanza dura, la fiction italiana. Poi, però, ci ho pensato su e ho deciso che, forse, valeva la pena di aprire, su questo argomento, una nuova discussione.
La domanda di Gianluca (la trovate QUI, tra i commenti a quel post): "Se il sistema in cui lavori non ti piace... perchè ci lavori?" è seria: merita una risposta più articolata e una maggiore visibilità rispetto a quella che avrebbe nella pagine dei commenti.
Il fatto è che mi piace scrivere: non so fare altro. E amo la televisione; è per questo che mi addolora vedere lo stato in cui è ridotta. Ricordare che cos'era la RAI fino a vent'anni fa, poi, non migliora di certo il mio umore.
Penso che, malgrado tutto, si possa fare qualcosa di buono anche qui da noi, in questa TV - è successo, succede, succederà ancora - e se, per raggiungere questo obiettivo, un autore deve accettare qualche compromesso e ingoiare qualche rospo, sta al singolo decidere se ne valga la pena.
Nel 2004 quando ho realizzato la mia prima sceneggiatura per la televisione, vivevo a Milano e scrivevo per la Sergio Bonelli Editore più di venti storie l'anno. Ho dovuto ridurle drasticamente e trasferirmi a Roma per iniziare un lavoro che, all'epoca, era quasi privo di prospettive, con compensi che erano quelli di uno sceneggiatore alle prime armi.
Nella mia carriera televisiva ho scritto cose che non mi piacevano: niente però, che rinnegherei in toto. L'ho fatto per guadagnare credito, di farmi un (piccolo) nome, con l'obiettivo di realizzare, un domani, qualcosa di cui potere finalmente essere orgoglioso. Questo sogno si è realizzato nel 2010, quando - oltre alla sceneggiatura del nuovo film di Dario Argento - mi è stato affidato un progetto in cui credo molto: una serie di piccoli film, intitolata: "Sei passi nel giallo", girata da Lamberto Bava e da altri registi. Trovate un articolo QUI e un po' di foto QUI. Ecco, la visione dei primi tre film di questa collection - gli altri li stanno ancora girando - mi ha ripagato di tutto.
Questo per dire che l'aventino non è necessariamente la scelta giusta: scappando ci si priva della possibilità di provare a cambiare le cose. E poi, come ha detto qualcuno: "Il sistema si cambia dall'interno".
Tutto qui?
No.
Io credo che fare parte di un sistema come quello televisivo, non impedisca a un autore di criticarlo. La rabbia, la passione con cui alcuni colleghi fanno questo mestiere, ingoiando e/o baciando rospi, e l'amore che provano per la televisione, malgrado lo sfacelo che vedono, sono tra le poche cose che possono farci intravedere un futuro diverso per la nostra fiction.

lunedì 17 gennaio 2011

Vallanzasca



















C'erano già parecchi buoni motivi per andare a vedere: "Vallanzasca - Gli angeli del male" di Michele Placido.
Perché non sembra un prodotto italiano. Perché è scritto bene ed è girato meglio. Perché c'è un grandissimo Kim Rossi Stewart. Perché è un gran bel film.
Ora c'è un motivo in più: perchè l'onorevole Davide Cavallotto - che vedete in divisa d'ordinanza nella foto qui sopra - ha detto a "il Giornale" di non farlo.
Buona visione a tutti.

PS - Sul film e su eventuali responsabilità morali degli autori, interviene, in maniera come al solito acuta, Roberto Recchioni QUI. Ve ne consiglio la lettura.

sabato 8 gennaio 2011

Mettiamo il caso...



















Mettiamo il caso che tu abbia un'idea per una serie televisiva: prima o poi può capitare a tutti. Una bella idea. Forte. Per una serie adulta (una delle tante cose che mancano nella nostra televisione).
Mettiamo poi il caso che, proprio per questo motivo, tu non possa portarla né a Mediaset né alla RAI: sei un professionista, sai che ti riderebbero in faccia.
La tua serie, pensi in un eccesso di megalomania, sarebbe perfetta per la HBO, per SHOWTIME - o per la BBC - ma questi network sono così lontani, e come fai tu, povero sceneggiatore di provincia che mastichi a stento due parole d'inglese, a fargliela arrivare?
Allora provi con Sky, in fondo hanno fatto "Romanzo criminale"... e "Boris". Ma a Sky sono troppo impegnati a rintuzzare i furibondi attacchi di questo governo nei loro confronti. Poi hanno appena tagliato buona parte del budget per la fiction: non hanno soldi. E hanno già avviato le produzioni dei prossimi due anni.
Quindi?
Quindi riponi la tua idea in un cassetto e ti rimetti a lavorare a una bella serie "family", dove c'è un protagonista medico, ma investigatore dilettante, vedovo, che vive in provincia con due figli adolescenti, un cane e con il vecchio, ma saggio, padre...

PS - Quanto scritto in questo post non contraddice quanto detto precedentemente sull'incapacità degli sceneggiatori italiani di scrivere cose dignitose anche all'interno di un sistema televisivo come quello che abbiamo.
Credo che prima di criticare le reti, noi autori televisivi dovremmo guardarci dentro e capire che siamo corresponsabili di questo sfacelo, che quella fiction così brutta andata in onda ieri sera, l'abbiamo sceneggiata noi. Forse se avessimo scritto i dialoghi in maniera meno sciatta o se avessimo perso qualche ora in più per trovare un modo più intelligente per far scoprire al medico - investigatore dilettante - il colpevole dell'omicidio del barbone pazzo ma simpatico, quell'episodio sarebbe stato un po' migliore...
Forse se avessimo dedicato più energie e amore nella creazione di quel personaggio avremmo contribuito - almeno un po' - a rallentare, la scomparsa di un immaginario appena decente dalle teste dei telespettatori italiani.

venerdì 7 gennaio 2011

Luther








Vi segnalo ancora una volta una bella serie inglese, targata BBC, di cui, ieri è andata in onda su Fox Crime la prima puntata.
Si chiama "Luther" e racconta le vicende, professionali e non, di un geniale e incasinato poliziotto londinese.
Il livello della scrittura e della recitazione sono alti e la serie si fa apprezzare, oltre che per la bravura del protagonista - raramente mi è capitato di vedere un attore capace, come Idris Elba, di "riempire" lo schermo - anche per il personaggio di Alice.
Ma ora è necessario uno SPOILER.

Alice Morgan - lo stesso cognome di Dexter, sarà un caso? - è una brillante ricercatrice. La prima puntata inizia con il brutale omicidio dei suoi genitori.
Luther indaga e, in breve tempo, capisce che ad ucciderli è stata proprio Alice. Ma non può provarlo. I due iniziano così, un'avvincente partita a scacchi, che, nella prima puntata si conclude in pareggio.
Sì perché Alice è un osso duro, anche per un poliziotto in gamba come Luther. Bambina prodigio e geniale astrofisica, studiosa di buchi neri, Alice è una psicopatica vera.
Ruth Wilson, l'attrice che la interpreta, riesce a rendere perfettamente ogni piccola sfumatura di questo personaggio: un avvincente mix di sensualità, crudeltà, cinismo e incapacità di empatizzare con gli altri.
A questo punto l'autore avrebbe potuto continuare lungo questo binario, raccontando la storia di un poliziotto che deve incastrare un'assassina, ma le cose, nelle serie inglesi ancora più che in quelle americane, non vanno mai come uno si aspetta... e nella puntate a venire - passando da un caso di puntata e l'altro, tutti davvero coinvolgenti - tra il detective e la bella Alice, si instaurerà un rapporto molto forte - in parte malato, ma fatto di rispetto reciproco e di una forte sensualità -che diventerà, in breve, il vero asso nella manica della serie.
E quando, nell'ultima puntata, Luther avrà bisogno d'aiuto sarà proprio ad Alice - l'unica di cui si possa fidare - che si rivolgerà.
Sei puntate davvero potenti, con dialoghi e scene che noi autori italiani possiamo solo sognarci, o meglio che potremmo sognarci, se solo non avessimo già appaltato incubi e immaginario alla RAI e a Mediaset.

lunedì 3 gennaio 2011

Dexter V



















Ho visto la quinta stagione di Dexter. I difetti sono, sostanzialmente, quelli di sempre: ripetitività dello schema narrativo e un protagonista che non evolve mai.
Tutte e cinque le stagioni si sviluppano sempre nello stesso modo: Dexter si imbatte un un serial killer feroce e molto furbo. All'inizio, ne è incuriosito, lo studia e sembra che i due possano anche diventare "quasi" amici. Poi, però, iniziano a scontrarsi e, alla fine, è sempre Dexter a vincere: non importa quanto un protagonista sia cattivo, ma se deve combattere per la sua sopravvivenza contro qualcuno più cattivo di lui il pubblico starà sempre dalla sua parte, soprattutto se abbiamo provveduto a dotarlo di una manciata di qualità e di un pò di umanità: Tony Soprano docet.
In mezzo a questa lotte c'è Debbie - la sorella poliziotta del nostro - che è sempre a un passo dallo scoprire la vita segreta di Dexter, ma non ci riesce mai.
Anche questa quinta stagione - pur con qualche sottile differenza - non fa eccezione.
Ma Dexter, per fortuna, non è solo questo. A fronte di un conservatorismo che trovo imbarazzante, ma comprensibile visti gli ascolti che continua a mietere, la serie sfodera dialoghi, personaggi e situazioni sempre all'altezza. Nonché trovate narrative molto semplici, che lasciano ammirati.
E qui diventa necessario un piccolissimo SPOILER.

Nelle prime puntate Dexter si imbatte in un serial killer che tortura e uccide giovani donne. Quando il nostro lo uccide, si accorge sche nella casa c'è una sopravvissuta. E scopre che l'assassino non agiva da solo.
La ragazza, che si chiama, significativamente, Lumen, inizia, lentamente, a stringere un rapporto con Dexter - ed è questa la parte davvero bella della stagione - e vorrebbe vendicarsi di tutti quelli che l'hanno torturata, come in ogni "Rape & revenge" che si rispetti. Ma Dexter la convince a lasciar perdere e a tornare a casa.
La scena che vi vorrei segnalare si svolge all'aeroporto. Essendo Lumen - interpretata da Julia Stiles - la co-protagonista di questa stagione, è chiaro che non può andarsene così, ma l'idea che hanno avuto gli sceneggiatori per rendere credibile questa decisione è davvero notevole.
Quando Lumen passa sotto il metal detector per imbarcarsi, questo suona e la perquisizione che la ragazza è costretta a subire da un agente donna della polizia aeroportuale, le riporta alla mente le violenze a cui è stata sottoposta.
Ecco, Dexter è pieno di idee di questo tipo: di soluzioni intelligenti e visive che, oltre a portare avanti con naturalezza e senza forzature, la storia nella direzione scelta dagli autori, raccontano i personaggi meglio di mille, inutili, parole. E di come questa sia, a detta di chi scrive, una delle cose che fanno la differenza, ho già scritto in precedenti post.