In questi giorni riflettevo su che cosa sia importante per costruire una buona storia.
Quand'ero molto giovane - uno "scrittore libero e bello" per usare un'espressione cara a Renato Queirolo - pensavo che questo qualcosa fosse una trama ricca di colpi di scena e di azione. Poi ho capito, soprattutto grazie a R.Q. che i personaggi erano ancora più importanti di questo. Passato qualche anno ho aggiunto all'elenco anche la capacità di inserire, in una storia, dettagli credibili.
Okay: trama avvincente e colpi di scena, personaggi e sapiente uso dei dettagli, poi?
E poi c'è la cosa più importante senza la quale tutte le cose appena elencate non contano (quasi) nulla: la forza evocativa.
E mi sono ricordato una bellissima lezione tenuta da Andrea Pazienza alla scuola "Zio Feininger" di Bologna, che immeritatamente frequentavo a metà degli anni '80. Con l'aiuto di una spada da Kendo che, come una buona storia, avrebbe dovuto colpire il Kiai, il plesso solare, Andrea ci aveva spiegato da par suo che cosa significasse la parola "evocazione" e come fosse importante per uno scrittore.
L'evocazione è, per usare parole sue, la capacità da parte di un autore di fare in modo che il cuore del proprio lettore (o spettatore) riesca a pulsare una volta in più o in meno, che l'adrenalina circoli in modo più veloce o più lento e che le ghiandole secernino un liquido piuttosto che un altro: insomma, che qualcosa in chi legge (o guarda) quello che tu hai creato, cambi. Per sempre.
1 commento:
Interessante, molto.
Io parlo da profano, ma credo che i personaggi ben scritti e l'attenzione per i dettagli siano un "problema" di tecnica, e quella si impara, seppur con fatica.
La trama avvincente e i colpi di scena dipendono dalle idee. E quelle, più o meno, vengono a tutti. Certo che poi metterle in parole è tutta un'altra storia.
Ma l'evocazione è una questione di talento. E quello o ce l'hai o non ce l'hai, mi sa...
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