martedì 27 aprile 2010

Storyteller






Un saluto a tutti.
Mi chiamo Stefano Piani e faccio lo sceneggiatore. Rimando chiunque fosse interessato a saperne di più su di me e sul mio lavoro a questa pagina di Wikipedia o al sito della Sergio Bonelli Editore.
Molti anni fa ho pubblicato l'articolo che segue sulla gloriosa rivista "Duel". Lo riporto integralmente perché penso che spieghi il mio lavoro e il senso di questo blog.
Il titolo del pezzo era: "Vita standard di uno sceneggiatore di fumetti".
"Sono le sei di un sabato sera. Lo sceneggiatore seriale di fumetti ha appena finito di scrivere l’ultima delle sedici tavole utili a coprire tre dei suoi dodici disegnatori per un paio di giorni (1).
Ora può finalmente sdraiarsi sul letto e iniziare a leggere l’ultimo libro di James Ellroy che giace intonso sul suo comodino oramai da parecchi giorni.
Detto, fatto. La narrazione sincopata di Ellroy lo lascia senza fiato, facendolo immedesimare, a turno, in tutti i dieci personaggi che appaiono nelle prime otto pagine del libro, quando, all’improvviso, squilla il telefono.
Il panico si impadronisce immediatamente dello sventurato, che, distogliendo gli occhi dalla sua lettura, sposta la testa il minimo indispensabile per dare un’occhiata alla sveglia immobile sul comodino. Sono le sei e dieci e non aspetta nessuna telefonata, quindi, con tutta probabilità, la voce che tra pochi istanti emergerà, innaturale e gelida, dalla segreteria telefonica, sarà quella del nemico naturale di ogni sceneggiatore seriale di fumetti: il disegnatore seriale di fumetti.
Come qualunque sceneggiatore sa bene, il nemico è solito chiamare per uno dei seguenti due motivi:
a) per informare il suo sceneggiatore che ha appena finito di disegnare le dieci tavole speditegli la settimana prima e che quindi ha bisogno di altre quaranta tavole per continuare a disegnare la storia a cui sta lavorando.
b) per informare il suo sceneggiatore che ha appena finito di disegnare le ultime dieci tavole della storia speditegli la settimana prima e che quindi ha bisogno delle prime quaranta tavole di una nuova storia.
Qualunque sia il motivo per cui ha telefonato, il disegnatore seriale, un attimo prima di mettere giù, ci terrà comunque a precisare che vuole TUTTE le tavole di sceneggiatura nella sua casella di posta elettronica entro le nove di quella stessa sera.
Premesso che venti, stando all’autorevole parere di Michele Medda, è il numero massimo di tavole che si possono mandare tutte in una volta a un disegnatore, visto che, finite le dita dei piedi, avrebbe difficoltà a proseguire il conteggio, il problema provocato dalla malevola telefonata resta. A cambiare è solo la sua entità.
Se il motivo per cui il disegnatore ha chiamato fosse quello che noi abbiamo siglato con la lettera a), il nostro sceneggiatore seriale potrebbe, tutto sommato, ritenersi fortunato. Gli basterebbe, infatti, rimboccarsi le maniche e riprendere a scrivere la storia dal punto in cui l’aveva interrotta una settimana prima, attingendo le idee necessarie allo sviluppo futuro della trama dal soggetto che giace in qualche file dal nome strano, sepolto in fondo al computer. Nel giro di qualche ora, almeno una delle quali persa a cercare il suddetto file, le tavole sarebbero scritte e pronte per essere inviate al disegnatore.
Purtroppo, però, il condizionale è d’obbligo, visto che alle sei e dieci di un sabato sera il disegnatore non chiama mai perché deve continuare una storia, ma perché l’ha finita e deve iniziarne un’altra.
Sforzandosi di controllare il panico, lo sceneggiatore seriale di fumetti fa la prima cosa che gli viene in mente: sfoglia il libretto degli appunti, nella speranza di avere prima avuto e poi scritto da qualche parte, magari in un giorno lontano, magari a matita sul retro di uno scontrino o di un biglietto del tram, un’ IDEA (2).
Bastano pochi secondi perché le sue pretese si ridimensionino ed egli scopra che ha già usato almeno otto volte ognuna delle tre idee appuntate sul suo libretto. Tuttavia, quello che a prima vista potrebbe sembrare un problema insormontabile, in realtà non lo è. E' in momenti come questo, infatti, che un serio e navigato professionista può contare sulla prima legge dell’opera seriale, che recita: "se non hai nessuna idea, rubala a qualcuno che l’ha già avuta". Il furto di idee, che solitamente si chiama plagio, quando è compiuta da uno scrittore seriale di qualunque tipo prende il nome di citazione (3).
Dopo avere lungamente meditato, lo sceneggiatore seriale decide di incominciare la sua nuova storia “citando” l’ultimo libro che ha letto: un romanzo di spionaggio ambientato tra il Polo nord e la Siberia.
- Gli esquimesi sono un argomento davvero interessante per i nostri lettori, - dice lo sceneggiatore e, forte della sua indiscussa professionalità, inizia a scrivere una bella scena d’azione ambientata tra i ghiacci, che ha il vantaggio di non fargli perdere troppo tempo con i dialoghi. E' vero che per disegnare pagine ambientate in un luogo interamente bianco, il disegnatore ci metterà metà del tempo, ma questo è un problema che il nostro sceneggiatore non si sente di affrontare ora.
Dopo qualche ora, la scena è finita e il nostro sceneggiatore può inviarla al nemico che, dopo aver brontolato perché voleva quaranta tavole e invece gliene sono arrivate solo dieci, capitola, rinunciando a chiedere l’intervento dei caschi blu dell’ONU.
STACCO.
E’ passata più o meno una settimana e il disegnatore seriale di fumetti chiama nuovamente il suo sceneggiatore, sempre e immancabilmente alle sei e dieci di un tranquillo sabato sera, per comunicargli che ha appena finito le prime dieci tavole della storia ambientata al Polo nord e vuole le solite quaranta tavole entro le nove, dentro la sua casella di posta elettronica.
Non appena il nemico abbassa il telefono, solo quattro parole attraversano la mente esausta dello sceneggiatore: - E adesso che faccio?
Non avendo nessuna idea su come proseguire la storia, ma avendo finito di leggere il libro di James Ellroy iniziato una settimana prima, lo sceneggiatore seriale di fumetti decide che nella sua storia ci saranno dei politici corrotti e qualcuno che cerca di recuperare l’innocenza perduta.
Decise queste poche cose e le coordinate generali della scena che si appresta a scrivere, lo sceneggiatore compila in fretta altre dieci tavole, ambientate in città, che serviranno a calmare per un’altra settimana la sua nemesi.
Quale sia il misterioso rapporto che lega James Ellroy, l’eroe della serie a fumetti per cui lo sceneggiatore lavora e una lontana tribù di esquimesi, ovviamente nessuno, compreso lo stesso sceneggiatore, lo sa... almeno fino alla settimana seguente, quando il disegnatore avrà bisogno di altre quaranta tavole entro le nove di sera e lo sceneggiatore sarà costretto, volente o nolente, a mettere ordine nell’enorme casino narrativo che ha appena creato.

NOTE
(1) Qualunque professionista che lavori alla Sergio Bonelli Editore ha sempre parecchie storie in lavorazione.
(2) Tutti gli sceneggiatori di fumetti seriali ne hanno uno e se lo portano sempre appresso. Solitamente è chiuso da un elastico che impedisce ai 4.572 bigliettini di appunti contenuti al suo interno di cadere.
(3) Ovviamente anche qui, come in quasi tutto l’articolo, tendo ad usare il paradosso. Rubare a destra e a manca, se fatto con stile, oltre che una necessità produttiva (è impossibile avere più di due o tre idee originali l’anno) può anche essere un’arte e permettere la creazione di storie che possiederanno comunque una propria originalità.

4 commenti:

Patrizia Mandanici ha detto...

Ciao Stefano, benvenuto sul web, caro "nemico"!!
Comunque io dieci tavole alla volta le ho viste rarissimamente, figuriamoci venti!

St. ha detto...

Infatti tu sei una delle mie disegnatrici preferite e di certo non una nemica...
Un abbraccio.
St.

Patrizia Mandanici ha detto...

Ma certo, spero che i lettori che passano di qua capiscano lo spirito delle "dispute" tra disegnatori e sceneggiatori, che in effetti partono da punti di vista diversi ma il cui "incontro/scontro" permette la creazione di centinaia e centinaia di storie!

St. ha detto...

Esatto. Il pezzo era chiaramente paradossale...
Un abbraccio.
St.